L’ultima volta che Federico Arnaboldi ha giocato il tabellone principale di un torneo Challenger risale al 2019. Tre presenze, due come wild card e una come lucky loser. Per questo, la sua qualificazione all’ASPRIA Tennis Cup – Trofeo BCS (45.730€, terra battuta) ha un sapore speciale. Per la prima volta, giocherà un torneo così importante avendolo conquistato con le proprie forze, peraltro nella città in cui ha vinto il Torneo dell’Avvenire nel 2016. Al turno decisivo, il comasco ha superato l’esperto Mohamed Safwat col punteggio di 6-2 4-6 6-2. Vittoria di prestigio: l’egiziano sarà pure in fase discendente, ma soltanto due anni fa saliva al numero 130 ATP. “Sono più che soddisfatto del primo e del terzo set – esordisce Arnaboldi – nel secondo lui ha fatto qualcosa di diverso e ha messo in campo molte prime di servizio, mettendomi in difficoltà in risposta. Allo stesso tempo, anche le mie percentuali si sono abbassate. Ma è stato bravo lui, non ho particolari demeriti”. Classe 2000 (ha compiuto 22 anni proprio due giorni fa), Arnaboldi è allenato dall’ex davisman Diego Nargiso, che con lui conserva l’abitudine di catechizzare il proprio giocatore subito dopo la partita. Qualche minuto di chiacchierata, fitta e intensa. “Lui è molto pressante in senso positivo – continua Arnaboldi – in questi casi ci limitiamo ad analizzare la partita. Oggi mi ha un po’ rimproverato: sono in cerca di fiducia, avendo ripreso a giocare da poco dopo un lungo infortunio, quindi sono un po’ troppo critico con me stesso. Lui mi dice di non farlo, sa che ci vuole tempo”.
UN BRUTTO INFORTUNIO
Nargiso è una figura chiave nella crescita e nello sviluppo di Arnaboldi, anche in virtù di un carattere molto acceso: Nargiso è passionale, sanguigno, mentre Arnaboldi è un ragazzo piuttosto posato. “Intanto è bravissimo dal punto di vista tecnico – aggiunge Federico – ho grande fiducia in quello che dice, perché i fatti dimostrano che ha sempre ragione. Inoltre ci tiene molto, ha grande passione. Durante la partita mi incita molto: io di natura sono un tipo tranquillo, ma rispetto a quando ero piccolo sono molto migliorato, mi carico di più e ho un atteggiamento generalmente migliore. Devo lavorarci ancora, ma sono contento della direzione intrapresa”. Numero 597 ATP, Arnaboldi ha visto rallentare la sua crescita a causa di un fastidioso infortunio che si è trascinato per troppo tempo. “Mi sono bloccato nel mio momento migliore: avevo appena vinto due tornei di fila, poi a fine luglio dell’anno scorso ho avvertito un dolore agli addominali. Ho commesso l’errore di giocarci sopra per tre tornei, poi al quarto mi sono fermato e la risonanza magnetica ha evidenziato uno strappo. Mi sono curato – pensavo in modo giusto – ma dopo due mesi è comparso un altro strappo, leggermente più in basso ma nella stessa zona. Anche in questo caso mi sono fermato qualche mese, ma a gennaio ho giocato appena due tornei e mi sono bloccato di nuovo. Allora ho effettuato accertamenti più approfonditi e finalmente abbiamo individuato l’origine del problema e come fare per evitarlo. Ho ripreso da un paio di mesi, ma atleticamente sono ancora un po’ indietro. Faccio fatica, la condizione non è ancora ottimale. Ci vorrà un po’ di tempo”.
LA DIFFERENZA CHALLENGER-ITF
Intanto festeggia un buon risultato, che gli permette di acquisire esperienza in un mondo – quello Challenger – che non conosce ancora troppo bene. “Rispetto ai tornei ITF c’è grande professionalità. Noto che tutti i giocatori stanno per conto proprio e fanno il loro dovere – prosegue Arnaboldi – sul campo, devo dire che nel post-COVID il livello dei tornei ITF è cresciuto molto. La mia idea è che tra ITF e Challenger non ci sia troppa distanza”. Arnaboldi tornerà in campo martedì e potrà verificare la sua impressione contro il canadese Alexis Galarneau (n.297 ATP), avversario ostico ma non certo imbattibile: dopo la semifinale a Francavilla al Mare ha raccolto tre sconfitte di fila al primo turno. Federico punta a imitare suo cugino Andrea, che in questo torneo ha una lunga storia: vanta una semifinale nel 2013 e un quarto nel 2018. Un cugino che rappresenta tantissimo per Arnaboldi jr. “Non si vuole intromettere nella mia carriera, insiste spesso sul fatto che devo percorrere la mia strada e fare i miei errori – conclude Arnaboldi – ma se gli chiedo qualcosa è sempre pronto a dare un consiglio, è molto presente nella mia vita, così come io lo sono nella sua. Il consiglio migliore? Probabilmente me lo deve ancora dare. E poi è ancora molto motivato, è convinto di poter fare ancora qualcosa di buono nel tennis giocato, e magari migliorare il suo best ranking. Quanto a me, sin da piccolo coltivo il sogno che possa aiutarmi. Magari un giorno, chissà”.