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Il lungo percorso di Gigante

Archiviata la recente crisi, Matteo Gigante si è ritrovato nelle ultime settimane. A Milano sta giocando il suo miglior tennis e svela la ricetta per battere i… giganti: “Corsa, resistenza e un minimo di forza perché fisicamente sono tutti delle bestie”

“Scivoloso”. Non poteva esserci aggettivo migliore per descrivere l’impegno odierno di Matteo Gigante. Scivoloso perché in mattinata ha piovuto su Milano, costringendo a rinviare di un paio d’ore l’inizio del programma. E scivoloso perché il suo avversario, Giovanni Oradini, gioca con la sinistra come lui. Gigante ha storicamente qualche difficoltà con i mancini, invece ha risolto l’enigma in un’ora esatta, un 6-1 6-2 che lo spedisce per il secondo anno di fila nei quarti dell’ASPRIA Tennis Cup – Trofeo BCS (73.000€, terra battuta). “Ho migliorato molto la gestione dei mancini – dice Gigante – in effetti tempo fa soffrivo parecchio, ma adesso mi sono abituato. Oggi ho giocato una grandissima partita sotto tutti i punti di vista. Il ritardo? Nessun problema perché era il primo match. Magari posso soffrire un po’ quando l’incontro è già iniziato e ci sono delle interruzioni, ma in questo caso è tutto ok. Anzi, forse è stato meglio giocare un po’ più tardi”. Numero 256 ATP, Gigante è reduce dalle qualificazioni di Wimbledon, laddove si è arreso a un passo dal main draw. Sull’erba di Roehampton ha giocato la partita numero 100 della sua giovane carriera. Inevitabile chiedergli quale sia il ricordo più bello. “Me ne vengono in mente tre: intanto il mio primo successo contro un top-100 ATP. Lo scorso anno ho battuto Etcheverry a Forlì. Un successo di valore, anche pensando a quello che lui ha fatto dopo. Ricordo con piacere anche la vittoria contro Cecchinato proprio qui a Milano. E come si può dimenticare la finale a Tenerife, mio primo successo Challenger?”. Quando si tratta di ricordare la partita peggiore, da tenere in mente per evitare che si ripeta, “Giga” non deve attivare troppo la memoria: “È stata brutta la sconfitta della scorsa settimana a Wimbledon, contro Harold Mayot. Non è stata terribile come punteggio, ma non me la sono goduta. Volevo fare sicuramente meglio”.

MOMENTI DIFFICILI

In effetti, il 2023 di Gigante non sta andando come sperava, almeno fino a oggi: la classifica è più o meno la stessa di gennaio, eppure c’era stato un grande inizio con il titolo a Tenerife. Nei mesi successivi, tuttavia, il romano ha raccolto 6 vittorie e 12 sconfitte prima di riprendersi nelle ultime settimane. “Dopo una vittoria ci stanno le difficoltà – dice Matteo – magari pensi di essere arrivato, invece la strada è lunghissima. Inoltre sono stato rallentato da alcuni infortuni, però ho lavorato tanto e spero che i risultati si vedano presto”. Non è la prima volta che vive un momento complicato: nel 2021 aveva saltato quasi tutta la stagione per un infortunio al gomito, un periodo che non ha vissuto troppo bene. Curiosamente, alla stessa età (nel 2015) Matteo Berrettini era rimasto fermo per un periodo simile. “Un problema del genere a 19 anni ha i suoi pro e i suoi contro. Il pro è che ero molto giovane e avevo tutta la carriera davanti, ma allo stesso tempo ero in una buona fase di crescita, stavo raggiungendo un livello molto alto e mi sono bloccato. Ho avuto tanti dubbi, non sapevo se sarei stato in grado di fare meglio di così. In sintesi, avevo un po’ di timore sul livello che avrei avuto al rientro”. Le risposte sono state fragorose, perché nel 2022 ha vissuto una scalata impetuosa: l’1 gennaio era numero 791 ATP, dodici mesi dopo aveva scalato oltre 500 posizioni. Parte del merito è della scelta di aver ripreso a lavorare con Alessandro Galli, suo maestro d’infanzia, con il quale ha ripreso a lavorare dopo una parentesi presso la Rome Tennis Academy. In generale, sempre più tennisti italiani scelgono di farsi allenare dai maestri che avevano da piccoli. “Io mi devo sentire a mio agio, in un gruppo che sento familiare – dice Gigante – che mi faccia sentire bene e stare tranquillo. Per questo sono tornato con Galli. Non ho mai ricevuto alcun tipo di pressione, le scelte sono sempre state mie”.

NONNO ROMANO

Nel tennis attuale, l’altezza media dei giocatori si è notevolmente alzata: per questo, i 180 centimetri di Gigante non lo collocano certo nella fascia dei… giganti. Per questo, gli domandiamo quali caratteristiche deve avere un giocatore con la sua struttura fisica. “Tanta corsa, tanta resistenza e un minimo di forza, perché i giocatori di alto livello tirano fortissimo e fisicamente sono delle bestie. Se mi adatto a quel livello, sarà tutto più facile. Ispirazioni? Mi piacciono Shapovalov e Fognini, giocatori pieni di talento, in grado di mostrare un tennis bello da vedere. Ma nel tennis attuale è ancora più importante vincere pur giocando male…”. Matteo non è un timido, ma con il registratore sotto il naso non si perde in troppe chiacchiere. Le sue risposte sono brevi, quasi scandite. Tranne quando gli capita di parlare di nonno Romano, la persona a cui deve la passione per il tennis. Basta citarlo e gli si illuminano gli occhi. “È stato un grande sportivo, ha praticato diverse discipline – racconta – mi diceva che per un lungo periodo ha pensato che il tennis fosse uno sport per vecchi. Ha iniziato a giocare intorno ai 50 anni, poi appena sono nato mi ha messo una racchetta in mano. Ho iniziato perché fu lui a portarmi all’Eschilo 2, il circolo dove mi alleno ancora oggi, per vedere i miei cugini. Da lì è nato il mio grande amore per il tennis”. Al nonno, Gigante deve anche la fede juventina (“Ma lui non è di Roma, è originario di Fiume”). Nonostante questo, rimane romano. Come tale, frequenta sin da piccolo gli Internazionali BNL d’Italia. “L’aneddoto più curioso risale al 2013: mi sono intrufolato sul Centrale per assistere a un match di Rafael Nadal. Ero sprovvisto del biglietto, ma zitto zitto sono entrato. Stava giocando contro Ernests Gulbis”. Rafa, ovviamente, vinse il torneo. Da allora sono passati dieci anni e quel bambino in tribuna è diventato un tennista. Il sogno, chissà, è che qualche giovane possa infilarsi sul Centrale proprio per assistere a una sua partita. Vorrebbe dire che è diventato grande.

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